Suggerimenti rendere più efficace il tuo allenamento ad intervalli

L’allenamento ad intervalli ti permette di bruciare calorie, aumenta la resistenza e ti aiutano a raggiungere un’ottima forma. Bene. Ma devi mischiarli per mettere alla prova mente e muscoli. Gioca con questi programmi, ti terranno impegnato e al top della forma.

The Chipper

Che cos’è: un allenamento in cui si ha un elevato numero di ripetizioni consecutive (30, 50 o anche più) da svolgere il più velocemente possibile. Leggi anche Svecchia il tuo allenamento HIIT, prova il Chipper

Perché funziona: Chipper ti porta ad affrontare te stesso attraverso un allenamento duro, migliora la tua resistenza, forza e tenacia. Considera il chipper l’equivalente HIIT di una corsa di 10 km o addirittura di una maratona. Se passi le prime miglia alla tua massima velocità, ti brucerai prima di poter tagliare il traguardo. Piuttosto, cerca ascoltare il tuo corpo per usare tutta la tua energia nel momento in cui attraversi il traguardo – lo stesso vale per l’energia necessaria ad arrivare all’ultima ripetizione.

Come farlo: Scegli tra 5 e 10 mosse che includano esercizi ponderati, movimenti a corpo libero (squat, sit-up, plancia-su-giù) e pliometria (mosse esplosivo). Ordinali in modo che prendano di mira diversi gruppi muscolari (alternate un esercizio per la parte superiore con un esercizio per la parte inferiore). Inizia con 30 o 50 ripetizioni di ogni esercizio. Se desideri la versione della maratona, aumenta le tue ripetizioni a 75 o 100.

Hangman

Che cosa è: una sessione di allenamento da fare con un amico con cui a turno vengono selezionati esercizi, serie e ripetizioni per un allenamento che di sicuro metterà alla prova

Perché funziona: poiché non si seguono mai gli stessi schemi, il tuo corpo e il tuo cervello sono costantemente sorpresi da ciò che sta arrivando, quindi non c’è tempo per annoiarsi o sentirsi a proprio agio. La maggior parte delle persone sceglie un esercizio che gli piace o che è brava a fare, il che spesso significa che farai esercizi che potresti tranquillamente saltare, un modo infallibile per eliminare i punti deboli. D’altro canto, puoi usare i tuoi punti forti per spingere anche i limiti dei tuoi amici.

Come farlo: proprio come un gioco, inizia con un foglio di carta bianco o una lavagna. Per prima cosa, scegli il numero di round (a.k.a. set) che vuoi fare (da tre a sette è un buon intervallo), quindi crea due colonne: una per i nomi degli esercizi e una per il numero di ripetizioni. Passa la penna e lascia che ogni persona riempia uno spazio vuoto con una mossa che vorrebbero o il numero di ripetizioni a cui vuole puntare. Quando hai raggiunto un buon numero di esercizi comincia.

 

La vita è più lunga se la città è green

Alle metropoli sempre più inquinate e grigie, è facile preferire città più ecosostenibili e ricche di alberi e parchi. Secondo gli studiosi, sembra che optare una città green faccia vivere più a lungo.

Abitare nelle città in cui palazzoni e cemento lasciano spazio anche ad alberi e parchi fa vivere più a lungo. A sostenerlo è una ricerca americana, che ha analizzato il tasso di mortalità femminile in diversi quartieri di varie città statunitensi. Ne è emerso che le donne risiedenti nelle città in cui c’erano più alberi avevano una speranza di vita maggiore rispetto alle donne che abitavano in zone più inquinate e cementificate. Un dato interessante, è che il tasso di mortalità per tumori alle vie respiratorie era nettamente inferiore per le abitanti delle città green. Questo è dovuto al fatto che una maggior concentrazione di alberi e piante nelle zone urbane permette di ridurre la quantità di polveri sottili e altre sostanze tossiche presenti nell’aria delle nostre città moderne. Un’aria più pulita significa meno infiammazioni a carico dell’apparato respiratorio, e quindi meno crisi di asma o di insufficienza respiratoria, meno tumori ai polmoni e meno rischi per le persone che già soffrono di malattie all’apparato respiratorio. Significa anche meno ictus e infarti, dato che l’infiammazione provocata dagli inquinanti nell’aria si diffonderebbe, attraverso il sangue, anche a cuore e cervello. Un ultimo punto a favore delle città green è la ripercussione positiva sull’umore e il benessere emotivo delle persone. Infatti, l’immersione nella natura, il silenzio dei parchi e la disconnessione dalla vita frenetica e rumorosa delle strade trafficate sono senza dubbio un’ottima “medicina” per ridurre lo stress e sentirsi subito meglio.  

Il parto in casa è rischioso?

Pro e contro secondo diverse ricerche

Gravidanza_12453.jpg

Per secoli le donne non hanno avuto scelta, dovevano partorire in casa, se una casa c’era. In età moderna il parto in casa è ormai relegato nella categoria delle scelte eccentriche e da molti è visto come un rischio inutile.

A dar manforte a questa visione è uno studio pubblicato sul Journal of Medical Ethics da ricercatori della Oxford University e dell’Università di Melbourne. Secondo lo studio la scelta di partorire in casa è certamente legittima, ma è presa il più delle volte senza avere la consapevolezza dei rischi reali a cui si va incontro.

La maggior parte delle ricerche sull’argomento, secondo gli scienziati inglesi e australiani, considera soltanto il pericolo di morte del neonato, che è solo lievemente superiore a quello relativo ai parti in ospedale. Tuttavia, dovrebbe essere preso in considerazione anche il rischio di disabilità che corre il piccolo.

Scoperta nuova malattia cerebrale

Causa di gravi encefalopatie

Varie_2621.jpg

Scoperta una nuova malattia che provoca una grave forma di encefalopatia con deficit neurologici ed epilessia, a causarla è una mutazione del gene ATP6V1A.

È l’eccezionale risultato dello studio scientifico pubblicato dalla prestigiosa rivista internazionale Brain e realizzato dal team di ricercatori del Centro di Eccellenza di Neuroscienze dell’Ospedale pediatrico Meyer e dell’Università di Firenze, diretti dal professore Renzo Guerrini, insieme ai gruppi dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) e dell’Università di Genova diretti dai professori Fabio Benfenati e Anna Fassio.

Lo studio è partito dagli approfondimenti genetici con sequenziamento esomico del DNA effettuati al Meyer per individuare una possibile causa genetica in una bambina di 9 anni che presentava quella che si pensava fosse una rara encefalopatia, associata ad epilessia e gravi deficit neurologici.

Una molecola per aiutare i malati di Huntington

In grado di rallentare l’evoluzione della malattia

Varie_4844.jpg

Una molecola sperimentale potrebbe diventare il modello su cui basare nuovi farmaci contro la malattia di Huntington, una grave e rara condizione genetica neurodegenerativa che colpisce la coordinazione dei movimenti e porta a un inarrestabile declino neurologico.

È il risultato di una ricerca condotta dal Laboratorio di Neurogenetica e Malattie Rare dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS) e pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Human Molecular Genetics.

La molecola agisce su un recettore legato al metabolismo degli sfingolipidi, e in particolare a quello della sfingosina-1-fosfato (S1P), un lipide essenziale per la sopravvivenza delle cellule neuronali. Studi precedenti condotti dallo stesso laboratorio avevano già dimostrato come gli sfingolipidi giochino un ruolo centrale nella malattia di Huntington.

Melanoma e cancro del rene, approvato nivolumab

Primo e unico inibitore di PD-1 approvato in Europa

Melanoma_100.jpg

La Commissione europea ha approvato l’utilizzo di nivolumab in monoterapia nel dosaggio di 480 mg ogni quattro settimane, in infusione di 60 minuti, come opzione terapeutica nei pazienti con melanoma avanzato e con carcinoma a cellule renali avanzato trattato in precedenza.

La Commissione europea ha anche approvato un ulteriore dosaggio di 240 mg ogni due settimane, in infusione di 30 minuti – a sostituzione del dosaggio basato sul peso corporeo per tutte le sei indicazioni approvate nell’Unione Europea (UE) di nivolumab in monoterapia.

Questa approvazione rappresenta un importante traguardo nel nostro impegno a lungo termine teso a fornire ai pazienti e ai clinici opzioni di trattamento più flessibili e opportune.

Allergie di primavera, coi probiotici un aiuto in più

Primavera, tempo di passeggiate e gite all’aria aperta. C’è chi sprizza di gioia e chi, invece, deve correre ai ripari per difendersi dall’allergia ai pollini. In alcuni casi, i probiotici possono dare una mano per sentirsi meglio e non dover rinunciare del tutto ai piaceri della primavera.

Con l’arrivo della primavera, è inevitabile, arrivano anche i pollini. Per le persone allergiche è una vera tortura, ma sembra che i probiotici possano aiutare i farmaci contro l’allergia per aumentare il benessere e alleviare i sintomi causati dagli allergeni. Considerando i dati promettenti di alcune ricerche condotte sul tema, i probiotici possono essere ritenuti degli “aiuti in più” per riuscire a sopportare meglio i sintomi dell’allergia ai pollini, come gonfiore, bruciore agli occhi e al naso. Questi microrganismi benefici possono essere d’aiuto per alleviare i sintomi causati dall’allergia ai pollini perché aiuterebbero a regolare la risposta immunitaria. Infatti, assumendo probiotici del tipo lactobacilli e bifidobatteri, si va a migliorare la risposta immunitaria dell’organismo verso gli allergeni, potenziando le difese e rendendo più sopportabili le conseguenze scatenate dall’allergia. I probiotici hanno dimostrato effetti positivi anche nella cura dell’allergia ai pollini nelle donne in gravidanza, con un beneficio per il neonato in cui la manifestazione dei sintomi allergici sembra essere più limitata. Tuttavia, anche se i probiotici hanno dimostrato una certa efficacia nel combattere le allergie ai pollini, non possono essere sostituiti ai farmaci per curare le malattie allergiche. Quindi, non vanno ritenuti delle alternative alla terapia farmacologica tradizionale, e nemmeno considerati la soluzione totale per l’allergia. Va ricordato, comunque, che è necessario condurre ancora altri studi prima di avere una risposta definitiva su quanto i probiotici siano veramente efficaci nella cura delle allergie.

La proteina che causa amiloidosi

Manifestazione comune anche per Alzheimer e Parkinson

Varie_3023.jpg

Uno studio pubblicato su Nature Communications chiarisce le basi molecolari di una grave e incurabile malattia genetica individuata nel 2012 e causata da amiloidosi.

Quest’ultimo è un fenomeno patologico che determina la perdita di struttura in una data proteina, con la formazione di fibre allungate e robuste (fibrille amiloidi), che si depositano nell’organismo con effetti nocivi per gli organi interessati e per la salute generale.

Lo studio è stato coordinato da Stefano Ricagno e Carlo Camilloni del dipartimento di Bioscienze dell’Università Statale di Milano, nell’ambito di una collaborazione internazionale con il CNRS e la Scuola Normale di Lione, l’University College di Londra, l’Università di Cambridge e lo European Synchrotron Radiation Facility di Grenoble.

Lo sport potrebbe aumentare il rischio di Sla

L’esercizio fisico intenso sembra associato a maggiori probabilità

Chi si dedica a un esercizio fisico intenso e regolare potrebbe rischiare più di altri l’insorgenza della sclerosi laterale amiotrofica. Ciò spiegherebbe in parte la particolare tendenza della malattia a colpire sportivi, in particolare calciatori. Del resto, la Sla è anche chiamata morbo di Gehrig, in riferimento a Lou Gehrig, famosissimo giocatore statunitense di baseball affetto dalla malattia.

Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Neurology, Neurosurgery and Psychiatry da un team dell’Università di Utrecht, ci sarebbe infatti una correlazione fra l’esercizio fisico intenso e le probabilità di insorgenza della Sla.
Per trovarlo, i ricercatori hanno confrontato gli stili di vita di 1557 soggetti a cui era stata diagnosticata la malattia con quelli di altri 2922 soggetti sani.

Creato il dente che non si infetta

All’interno capsule che rilasciano farmaci antifungini

Varie_5256.jpg

Le protesi dentali sono spesso oggetto di infezioni fungine che causano infiammazioni, arrossamenti e gonfiori. Un team di ricercatori dell’Università di Buffalo ha utilizzato la tecnologia di stampa in 3D per costruire denti resistenti alle infezioni.

Al loro interno ci sono delle capsule microscopiche che rilasciano regolarmente amfotericina B, un farmaco antifungino.

Il dispositivo creato consente di prevenire l’infezione direttamente in sede, rendendo quindi obsolete le altre soluzioni, ad esempio collutori antisettici o disinfezioni a microonde.

“Il principale impatto di questo innovativo sistema 3D sarà sul risparmio di tempo e costi”, afferma Praveen Arany, autore senior dello studio e professore del dipartimento di Biologia orale della UB School of Dental Medicine.