Iperossaluria di tipo 1: trapianto di rene e lumasiran


Alternativa rispetto al doppio trapianto fegato-rene

Nei pazienti affetti da iperossaluria primitiva di tipo 1 (PH1) con insufficienza renale, il trapianto di rene isolato in terapia con lumasiran può essere una strategia sicura: questa è l’indicazione fornita da un team franco-olandese guidato dalla dott.ssa Anne-Laure Sellier-Leclerc dell’Università di Lione in un articolo pubblicato sulla rivista Nephrology, dialysis, transplantation.
A supporto della loro raccomandazione, che dovrà essere necessariamente confermata da ulteriori dati clinici a lungo termine, gli esperti hanno riportato cinque casi di pazienti nei quali è stata attuata questa procedura.
L’iperossaluria primitiva di tipo 1 è dovuta a una mutazione nel gene AGXT, che codifica per l’enzima epatico alanina-gliossilato aminotransferasi (AGT). I difetti nell’AGT aumentano la produzione di gliossilato e ossalato, e quest’ultimo induce successivamente calcoli renali e …  (Continua) leggi la 2° pagina iperossaluria, lumasiran, trapianto,

Parkinson, scoperte nuove mutazioni genetiche


Causano la malattia nel 5% dei pazienti

Una ricerca nata dalla collaborazione tra I.R.C.C.S. Neuromed e Istituto di Genetica e Biofisica “Adriano Buzzati Traverso” del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli (Cnr-Igb), finanziata dal Ministero della Salute, ha evidenziato che il 5% circa dei pazienti Parkinson è portatore di mutazioni dominanti nel gene TMEM175. Queste mutazioni sarebbero implicate in una forma di malattia che insorge dopo i 50 anni di età.
La proteina prodotta dal gene studiato è fondamentale per la regolazione dell’acidità all’interno dei lisosomi, organuli cellulari che agiscono come veri e propri “spazzini delle cellule”. Al loro interno avviene infatti la decomposizione di componenti cellulari non più utili o di elementi dannosi, ad esempio le proteine ripiegate in modo errato o gli organuli usurati. Il processo, chiamato autofagia, mantiene in salute le cellule, rinnovando costantemente i loro …  (Continua) leggi la 2° pagina Parkinson, gene, lisosomi,

Scoperto un nuovo gene responsabile dell’autismo


Nuove prove sulle basi genetiche della malattia

CAPRIN1 è un nuovo gene responsabile di autismo. Grazie a uno studio multicentrico internazionale, coordinato dal professor Alfredo Brusco, docente di Genetica medica del Dipartimento di Scienze Mediche dell’Università di Torino e della Genetica medica universitaria della Città della Salute di Torino, sviluppato in collaborazione con l’Università di Colonia e recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale Brain, è stato dimostrato il ruolo del gene CAPRIN 1 nello sviluppo di una rara forma di autismo. Lo studio è basato sulle nuove tecnologie di sequenziamento del DNA e sullo sviluppo di modelli in vitro di cellule neuronali.
L’autismo è un frequente disturbo del neurosviluppo che esordisce nei primi anni di vita e colpisce l’1% della popolazione nelle sue varie forme di presentazione, ed è caratterizzato da compromissione dell’interazione sociale, …  (Continua) leggi la 2° pagina autismo, geni, ereditariet,

Alzheimer, il ruolo del gene APOE4


Un collegamento con il colesterolo causa difetti nelle guaine isolanti

I ricercatori tentano di fare chiarezza sul ruolo del gene APOE4 nei meccanismi di insorgenza del morbo di Alzheimer. Un recente studio ha collegato il gene all’elaborazione difettosa del colesterolo nel cervello, meccanismo che a sua volta provoca difetti nelle guaine isolanti che circondano le fibre nervose e facilitano la loro attività elettrica.
Stando ai risultati preliminari, questi cambiamenti potrebbero causare deficit di memoria e apprendimento. L’ipotesi dei ricercatori è che i farmaci che ripristinano l’elaborazione del colesterolo nel cervello potrebbero curare la malattia. “Questo si adatta all’immagine che il colesterolo deve essere nel posto giusto”, afferma Gregory Thatcher, biologo chimico presso l’Università dell’Arizona a Tucson.
Una singola copia di APOE4 aumenta il rischio di insorgenza dell’Alzheimer di circa 3 volte, mentre due copie sono associate a un aumento …  (Continua) leggi la 2° pagina Alzheimer, amiloide, APOE4,

Un nuovo gruppo sanguigno


Scoperta legata a una grave malattia emolitica

La scoperta di un nuovo gruppo sanguigno – Er – ha portato anche alla tipizzazione di alcuni antigeni mutati che possono provocare una grave malattia emolitica del feto e del neonato.
Il gruppo sanguigno Er è stato in realtà individuato già nel 1982, ma il suo retroterra molecolare è rimasto misterioso per anni. Un team del National Health Service Blood and Transplant (NHSBT) del Regno Unito ha descritto sulla rivista Blood la natura degli anticorpi diretti contro due nuovi antigeni di Er, associati a una grave malattia emolitica.
Il gruppo di ricerca diretto da Nicole Thornton ha analizzato il sangue di 13 pazienti con gli antigeni sospetti, identificando 5 variazioni negli antigeni Er: le varianti già note Er a, Er b, Er3 e 2 nuove, Er4 ed Er5. Sequenziando i codici genetici dei pazienti, sono stati in grado di individuare il gene che codifica per le proteine della superficie …  (Continua) leggi la 2° pagina sangue, gruppo, sanguigno,

L’Alzheimer preferisce le donne


Alla base ragioni legate agli enzimi

C’è un enzima alla base del maggior tasso di incidenza del morbo di Alzheimer fra le donne. David King, coordinatore di una ricerca della Case Western Reserve University pubblicata su Cell, spiega: “L’eccessiva attività dell’enzima USP11 nelle femmine determina la loro maggiore suscettibilità alla proteina tau nella malattia di Alzheimer”.
Gli scienziati hanno notato nelle donne una maggiore espressione di un enzima legato al Cromosoma X chiamato peptidasi 11 specifica dell’ubiquitina (USP11), con conseguente maggiore accumulo della proteina tau, responsabile delle placche che si accumulano con la malattia.
L’ubiquitina è una proteina regolatoria che si occupa di trasportare le proteine danneggiate al proteasoma, complesso cellulare che ha invece il compito di distruggerle. In caso di Alzheimer il meccanismo si inceppa, gli aggregati di tau e ubiquitina si accumulano nei neuroni e …  (Continua) leggi la 2° pagina Alzheimer, donne, gene,

Nanoparticelle per curare la fibrosi cistica


Sviluppato un editor genetico per correggere la mutazione

Uno studio dell’Università di Yale ha messo a punto un editor genetico in grado di correggere la mutazione del gene Cftr responsabile della fibrosi cistica.
La sperimentazione, descritta sulle pagine di Science Advances, prevede l’utilizzo delle nanoparticelle di acido peptidiconucleico allo scopo di ripristinare la funzionalità del gene compromesso e bloccare così i sintomi polmonari e gastrointestinali.
“Sarà necessario condurre ulteriori approfondimenti ma questi dati preliminari sembrano promettenti. La fibrosi cistica – spiega la prof. Alexandra Piotrowski-Daspit del dipartimento di Ingegneria Biomedica di Yale – è provocata da mutazioni genetiche del regolatore della conduttanza transmembrana che causano disfunzioni multiorgano. Sebbene esistano oltre 1700 diverse mutazioni associate alla malattia, la più comune è nota come F508del. Quindi abbiamo deciso di agire su questa, …  (Continua) leggi la 2° pagina fibrosi, cistica, nanoparticelle,

Sla, prima cura per pazienti con mutazioni specifiche


Trattamento efficace per i portatori di mutazione del gene SOD1

Sono apparsi sul New England Journal of Medicine i risultati dello studio internazionale sul Tofersen, che ha dimostrato un rallentamento e in alcuni casi addirittura un’inversione della progressione clinica della Sclerosi laterale amiotrofica (SLA). Il trattamento è efficace nelle persone portatrici della mutazione nel gene SOD1. Si tratta di un risultato clinico straordinario, mai osservato precedentemente nel trattamento della SLA.
La SLA è una malattia neurodegenerativa e riduce l’aspettativa di vita, causando anche una graduale e progressiva disabilità motoria. L’effetto positivo del farmaco si manifesta in modo netto nel corso del primo anno di trattamento e successivamente persiste nel tempo.
Il professor Adriano Chiò (Direttore del Centro regionale Esperto per la SLA dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino e facente parte del Dipartimento di Neuroscienze …  (Continua) leggi la 2° pagina Tofersen, Sla, sclerosi,

Melanoma, immunoterapia in prima linea più efficace


Più di un paziente su due libero da malattia se trattato subito

Trattare i pazienti prima con l’immunoterapia e poi con la target terapia, si è dimostrata la strategia migliore per guarire dal melanoma metastatico. All’Esmo di Parigi, la vetrina internazionale in Europa per chi fa dell’oncologia la sua missione di vita, sono stati presentati questa mattina gli ultimi dati di uno studio denominato Secombit coordinato da Paolo Ascierto e, quindi, dal Pascale di Napoli, che a quattro anni dalla sua prima sperimentazione dimostra di raggiungere la migliore sopravvivenza globale pari al 63 per cento e una sopravvivenza libera da malattia pari al 55 per cento.
“Lo studio Secombit – dice Paolo Ascierto, direttore del Dipartimento di Melanoma e Immunoterapia dell’Istituto dei tumori di Napoli – ha l’obiettivo di individuare la giusta sequenza di terapie nelle persone con melanoma metastatico che presentano la mutazione del gene BRAF. Il trial sperimenta tre …  (Continua) leggi la 2° pagina melanoma, immunoterapia, trattamento,

SMA, la terapia genica migliora la vita dei bambini colpiti

I bambini hanno raggiunto o mantenuto misure importanti della funzione bulbare

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Nuovi dati confermano i benefici di onasemnogene abeparvovec, la prima e unica terapia genica per l’atrofia muscolare spinale (SMA, spinal muscular atrophy) che si somministra una sola volta nella vita.
Lo studio di fase III SPR1NT, a oggi completato, ha dimostrato che i bambini con tre copie del gene di backup SMN2 che sono stati trattati in modo pre-sintomatico hanno raggiunto traguardi motori appropriati alla loro età, inclusa la capacità di stare in piedi e di camminare. Inoltre, un’analisi descrittiva post-hoc degli studi clinici START, STR1VE-EU e STR1VE-US (n=65) ha indicato che, dopo il trattamento con onasemnogene abeparvovec, i bambini con SMA di tipo 1 hanno raggiunto o mantenuto importanti traguardi della funzionalità dei centri bulbari, inclusa la capacità di parlare, deglutire, soddisfare i fabbisogni nutrizionali e mantenere la protezione delle vie aeree. Queste …  (Continua) leggi la 2° pagina articolo di salute altra pagina

Keywords | Sma, atrofia, bulbari,